«La nostra passione per il teatro lunga 15 anni. Qui ci si può esercitare a fare la rivoluzione»
Alessandro Fogli, “Ravenna&Dintorni”, 26 settembre 2025
https://www.ravennaedintorni.it/cultura/2025/09/26/erosanteros-intervita-15-anni/

Com’è nata ErosAntEros?
Agata Tomšič:
 «Davide e io ci siamo conosciuti a un laboratorio dei Motus organizzato a Ravenna dai Fanny & Alexander, nel gennaio del 2010. Lì è nato il desiderio di iniziare a collaborare, partendo da un progetto che Davide stava portando avanti da sei mesi con altre collaborazioni sul territorio, ossia asprakounelia (Treno Fantasma), che poi debuttò nel maggio del 2010. All’epoca ero ancora una studentessa del Dams di Bologna e le grandi compagnie del territorio – oltre Fanny e Motus anche Valdoca, Albe, Teatrino Clandestino, Socìetas – avevano fatto nascere in me il desiderio di fare teatro nella vita. Davide invece lavorava in ambito teatrale già da alcuni anni. Conoscendoci ci siamo resi conto non solo di avere un’enorme passione per il teatro ma anche un gusto estetico comune, che arrivava dall’aver seguito gli stessi gruppi e gli stessi spettacoli per anni. Questo fuoco, questa passione enorme ci hanno portati a essere ancora qui dopo 15 anni».

Dopo asprakounelia e i seguenti due spettacoli, TraScendere e Nympha, mane!, ho ravvisato una sorta di cambio di direzione nel vostro approccio drammaturgico, che da performativo e molto visivo si è avvicinato molto al teatro di parola, al politico.
Davide Sacco:
 «È vero. Già Nympha, mane!, del 2012, era una riflessione sul potere delle immagini, però dopo quello c’è in effetti stato un cambiamento importante con il percorso di Come le lucciole, che era comunque partito anch’esso nel 2012 per poi arrivare a una forma presentata al pubblico nel 2015».
AT: «In realtà anche Brecht aleggiava in qualche modo in Come le lucciole, per quanto Brecht non fosse direttamente nello spettacolo ma finì per portarci alla creazione di Sulla difficoltà di dire la verità, del 2014».
DS: «Questi spettacoli, anche se hanno debuttato in anni diversi, erano poeticamente molto intrecciati. Come le lucciole ha assunto varie forme intessendo diverse collaborazioni in scena; Sulla difficoltà invece si è strutturato subito come una lettura musicale con una sola attrice; minimale, ma poco tradizionale, con un lavoro approfondito sull’elettronica, un modo di portare la voce molto simile a un concerto, in qualche modo espressionista».
AT: «Lo spettacolo nasceva anche da un mio desiderio personale di lavorare più attorialmente, perché come dicevi i dispositivi scenici che portavamo prima non erano costruiti attorno all’attore ma al dispositivo visivo esterno».
DS: «Già in Come le lucciole la situazione cambia completamente: nei nostri primi tre spettacoli non c’è una parola detta dal vivo, da lì abbiamo invece iniziato a trasformare il gesto artistico in atto politico, rivolgendolo tutto verso l’altro».
AT: «Dopo due anni che lavoravamo insieme ci siamo chiesti quale fosse, come teatranti, il nostro ruolo nella società, una domanda enorme, che però poi ha generato, dopo i primi tre spettacoli, una poetica esteticamente non completamente diversa ma sicuramente più impegnata, e anche più esposta».

In questi 15 anni quali sono stati i momenti più critici e quelli più soddisfacenti?
DS:
 «I momenti di difficoltà sono costanti, in Italia c’è un sistema sfasciato e che sta nella miseria».
AT: «È veramente precario il ruolo che noi lavoratori dello spettacolo dal vivo abbiamo in Italia, un settore intero che è veramente da sempre in difficoltà, almeno da quando ci lavoro io. Però ci sono state tantissime cose positive e soddisfazioni, anche se più i progetti sono grandi e ambiziosi e più problematiche si generano. Facciamo fatica, ma credo che la questione riguardi un po’ tutti. Però l’anno scorso con Santa Giovanna dei Macelli abbiamo realizzato una produzione internazionale in quattro lingue, con sul palco i Laibach, la band che ascoltavo da adolescente. Questo direi che è il nostro risultato maggiore, la cosa più follemente ambiziosa che siamo riusciti a mettere insieme». […]