Teatro e polis
Asocialità e nuove forme di socialità: il caso Odin Teatret
Ingresso gratuito
“Devi essere ‘asociale’ se vuoi creare l’esempio contrario alla socialità dell’ingiustizia. Devi essere ‘asociale’ se non vuoi accettare le regole del gioco in cui tu resterai perso e impigliato”. Così scriveva Eugenio Barba verso la fine degli anni Settanta.
A quarant’anni di distanza, queste affermazioni non hanno perso la loro attualità. Tanto più oggi che la città del teatro rischia di diventare “fortezza vuota”, il richiamo del fondatore dell’Odin Teatret all’asocialità come condizione indispensabile da conquistare per restituire senso, identità ed anche efficacia alla azione teatrale, rimane imprescindibile.
Per dar vita a nuove, più soddisfacenti e più giuste forme di convivenza, per rilanciare e rinnovare una pratica virtuosa della polis e dunque della politica, la presa di distanze almeno temporanea dalla città, e dunque dalla politica, così come sono nel presente, appare ancora oggi, anzi forse oggi più che mai, una condizione ineluttabile. L’asocialità così concepita, lungi dal negare ogni forma di comunità, risulta invece sempre di più una pratica necessaria di allontanamento temporaneo, per poter immaginare e anche animare la città futura, cioè nuove e più umane forme di socialità, a cominciare da quelle provvisorie ma potenti che il teatro sa propiziare, come il Novecento ci ha mostrato e come tutta la storia dell’Odin Teatret, dal ’64 ad oggi, ci testimonia.
Marco De Marinis è professore ordinario di Discipline Teatrali all’Università di Bologna. Dal 2004 al 2017 è stato il responsabile scientifico del Centro di Promozione Teatrale La Soffitta. Dirige la rivista “Culture Teatrali” da lui fondata nel 1999. I suoi scritti sono tradotti nelle principali lingue. Fra gli ultimi volumi pubblicati: Il teatro dopo l’età d’oro. Novecento e oltre, Bulzoni, 2013; Etienne Decroux and His Theatre Laboratory, Icarus Press-Routledge, 2015.