Il minatore di Husino, simbolo della rivolta dei lavoratori degli anni ‘20, è reincarnato in una forma che richiama la cultura disco e ci porta un discorso sui principi del passato, sulla solidarietà, sull’essere pronti a combattere per gli altri e per i diritti dei lavoratori; ma anche sullo smarrimento della transizione post-socialista, sull’emigrazione della giovane forza-lavoro verso l’occidente e sull’arrivo delle grandi corporazioni capitaliste; e infine sulla forza del teatro e dell’arte come uniche possibilità e uniche costanti del 21esimo secolo. La nostalgia verso “tempi migliori” o verso “migliori versioni” di noi stessi è una “malattia” sofferta da molti intorno a noi. Il postmodernismo e il decostruttivismo hanno sfidato le gerarchie, i simboli e i valori prestabiliti. Ma quelli tra noi che credono nel potere dell’arte non saranno scoraggiati. Ecco come abbiamo deciso di combinare questi due simboli e annunciare un futuro di ottimismo, prosperità e di ingresso in una nuova fase di lotta per i diritti umani e dei lavoratori, ma questa volta con dibattiti, creatività, pop art e in generale: la forza dell’arte e delle opere d’arte. Il primo simbolo è il monumento del minatore di Husino — monolitico e glorioso con un fucile in mano, la sua storia è ovvia anche a coloro che non ne conoscono il nome. Il secondo è la “disco ball”, la sfera da discoteca, che si riferisce a un passato più semplice e a tempi indisturbati. Insieme, i due rappresentano un nuovo simbolo che differisce dagli altri due perché guarda al futuro.


installazione audio-video

produzione JU Muzej Istočne Bosne Tuzla & KRASS Kultur Crash Festival Hamburg & Kampnagel Hamburg

autore Branko Šimić
statua Marc Einsiedel
musica Mirza Rahmanović-Indigo
attore Dražen Pavlović
assistente dell’autore Alen Šimic
producer Ljubiša Veljković
marketing Darko Marković
realizzazione tecnica Dalibor Brkić
foto e video Mario Ilić & Mario Stjepić

durata 25’


spettacolo in bosniaco con soprattitoli, realizzati da Alessia Andreoli, Annalisa Betti, Ginevra Bianchin, Aurora Cacciatori, Federica Canino, Verdiana Crociani, Chiara Dalla Pozza, Michela Lavezzini, Alessia Martucci, Arianna Paradisi, Gianlorenzo Pastore, Adele Persegati, Marcella Puca, Elisa Pugi, Manjinder Thind, con la supervisione della Prof.ssa Adele D’Arcangelo, Università di Bologna – Dipartimento di Interpretazione e Traduzione


Branko Šimić, nato a Tuzla, è cresciuto in Bosnia-Erzegovina, ha studiato recitazione a Sarajevo e regia ad Amburgo. Nel 2002 ha ricevuto l’Hamburg Prize per la regia. Le sue produzioni sono andate in scena in tutta Europa. I suoi lavori più importanti sono: Kwiskotheka: How the Smile Disappeared from Beate Zschäpe’s Face (2016) e Protest Portraits (2018). Nel 2015 ha messo in scena il progetto di teatro documentario Srebrenica – I counted my remaining life in seconds... al Thalia Gaußstraße di Amburgo. Lo spettacolo è tuttora in repertorio. Al Kampnagel Hamburg cura il Krass – Kultur Crash Festival dal 2012. Šimić dal 2020 si è dedicato anche ad altre forme artistiche, come film, installazioni e opere radiofoniche.